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Svezia/Danimarca 1922
Il film si presenta in forma di documentario, di indagine storico-culturale, ed è composto da sette capitoli, ognuno caratterizzato in modo specifico. Il primo ha tono prettamente documentaristico e introduce l'argomento di cui Christensen si vuole occupare; il secondo, mantenendo il tono del precedente, presenta la figura della strega, descrivendola a fondo nelle sue caratteristiche. Si rimane su questo stesso piano nel terzo 'movimento' del film, ma qui parte anche la narrazione della storia di Maria (Maren Pedersen), accusata di stregoneria. La vicenda si sviluppa appieno nel quarto capitolo, nel quale vediamo la triste sorte dell'anziana vittima dell'Inquisizione, che finirà per dichiararsi colpevole e per fare i nomi di altre 'colleghe', tra i quali anche quello della propria accusatrice: le traversie di quest'ultima sono descritte nel capitolo successivo, mentre nel sesto, in cui il tono si fa nuovamente documentaristico, vengono passati in rassegna gli strumenti di tortura utilizzati dagli inquisitori. In chiusura Christensen propone un interessante parallelismo tra una donna affetta da isteria e una che un tempo poteva essere accusata di stregoneria: i sintomi che mostra la prima sono simili ai segni che potevano incastrare la seconda. Grandissimi i problemi di distribuzione che ha incontrato questa pellicola, tanto per la violenza (suggerita ma mai mostrata, è bene sottolinearlo) di molte sue scene, quanto per l'anticlericalismo piuttosto esplicito che emerge naturalmente dalla visione della parte riguardante l'Inquisizione. Tecnicamente è molto forte l'influenza dell'Espressionismo tedesco su questo film danese, soprattutto nella descrizione degli interni e nell'apparizione delle bestie infernali, davvero ad effetto. Bravissima la Pedersen.